Opera Discronica è un percorso che evidenzia l’impossibilità di un punto di vista univoco nel mio lavoro. L’opera è in divenire e non riesce a cristallizzarsi in un evento, ha bisogno di tempi di lettura conseguenti e diversi che possano identificare il momento visivo. L’opera è un insieme smembrato come fatto cognitivo d’insieme. L’opera è un composto alchemico di momenti separati. L’attraversamento di questi momenti compone l’opera.
È il percorso che determina l’opera.
Passare da un luogo ad un altro, percepire l’attraversamento del tempo.
Passare e attraversare, cercare al buio il primo evento luminoso capace di segnare il percorso.
Quando si è al buio, solitamente, si avanza mettendo avanti le mani. In questo caso si tratta di manovre nell’oscuro, di un’oscurità speciale: è una luce buia, dalla quale emergono un segno, una strada e lo stupore di aver finalmente percepito l’impercettibile. Le mani, quando plasmano e scrivono l’oscuro, sono in gran movimento e nonostante il progetto, a volte, tirano conclusioni inaspettate.
Quello che cerco è il buio luminoso, non contraddizione implicita, ma eccitazione visiva nella percezione dell’oscurità. Nelle mie opere più recenti spesso appaiono dei passaggi, delle feritoie: queste sono proprio l’ingresso nel buio. Tagli illusori che alludono al passare, all’attraversare spazi altri, che mettono in relazione il tempo in istanti diversi. Lo sfasamento temporale è un’esigenza interna al mio lavoro. L’opera si tuffa nel passato e riemerge nel presente, proiettandosi poi nel futuro verso il divenire per un improbabile appuntamento.
Quando lo sguardo è in profondità nell’opera, il vuoto oscuro si percepisce come assenza di tempo e perdita di memoria; appaiono segni, ombre, elementi solidi e incorporei, legati da un’intima oscurità e che sono argomentazione dell’assenza. La spirale di luce tenta di calibrare dall’interno la tensione generata dall’oscuro accompagnandolo sulla soglia del visibile.
Io sono il custode della soglia, colui che è affetto da discronia cronica, il provocatore di evocazioni e sogni.
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Paolo Radi
Nato a Roma il 28 marzo 1966. Diplomato all’Accademia Di Belle Arti di Roma nel 1988, esordisce nel 1992 alla rassegna Giovani artisti IV al Palazzo delle Esposizioni di Roma. Nel 2002 è invitato a realizzare il proprio lavoro presso la Fondazione Sculpture Space di Utica, New York. Nello stesso anno è vincitore del Premio Giovani/Scultura dell’Accademia Nazionale di San Luca a Roma. Nel 2003 è invitato alla XIV Quadriennale “Anteprima Napoli”, Palazzo Reale e nel 2004 a Partenogenesi- poetiche del progetto con Agostino Bonalumi e Getulio Alviani (Galleria Civica d’Arte Contemporanea, San Martino Valle Caudina , Avellino, 2004). Nel 2005 partecipa alla mostra Lucio Fontana e la sua eredità. Nel 2006 partecipa alla X Mostra Internazionale di Architettura-Biennale di Venezia (Nuovo Padiglione Italiano per VEMA - “La città del futuro”). Nel 2009 partecipa alla mostra ”Cromofobie Percorsi del bianco e del nero nell’arte italiana contemporanea” tenutasi presso l’Ex Aurum di Pescara. Tra le recenti esposizioni si ricordano Experimenta ( la collezione Farnesina del Ministero degli Affari Esteri) e Springs in White (New Delhi, Kolkata e Bangkok), realizzate su iniziativa del Ministero degli Affari Esteri. Nel 2012 è invitato, assieme ad Emanuela Fiorelli, dall’Istituto Italiano di Cultura di Lima, ad esporre presso la Galleria d’Arte Visiva Centro-Culturale Ccori Wasi Universidad Ricardo Palma. Nel 2015 espone a Basilea, Art Basel “The solo project” Galleria Antonella Cattani Contemporary Art e nel 2016 a Lissone, con una mostra personale “Al Divenire” Museo D’Arte Contemporanea di Lissone. Vive e lavora a Roma. www.fiorelliradi.it