American novelist Jay McInerney once said of Paul Bowles, acclaimed author of The Sheltering Sky, that he ‘associated Morocco with the anarchic forces of the unconscious’.
Traccia #1: Djemaa El-Fna
The Truth Explodes-Yallah – Jimmy Page/Robert Plant
Djemaa El-Fna è la piazza centrale di Marrakech. “La Place“, come la chiamano lì. È patrimonio dell’UNESCO dal 2001.
Sul significato delle parole Djemaa El-Fna si è incerti: può significare “Assemblea dei Morti“, derivando questo significato dalla sua storia antica di esecuzioni capitali. Nella piazza venivano poi lasciate in mostra le teste dei condannati. Può però anche tradursi come “La Moschea Svanita“, per l’antica presenza di una moschea costruita da un sultano berbero che governò sul Maghreb fra l’XI ed il XII sec. La moschea venne successivamente distrutta lasciando lo spazio vuoto, occupato ora dalla piazza.
Oggi, La Place è un luogo intenso, di una bellezza disarmante ma difficile da comprendere: si trova al margine della Medina, non ha architetture di pregio né opere d’arte. Potremmo definirlo uno spazio di risulta, mai progettato.
Uno di quegli slarghi che possono funzionare bene come capolinea di autobus o a parcheggio.
L’idea del progetto UNESCO riguardo ai “Patrimoni Orali e Immateriali dell’Umanità” derivò dalla preoccupazione della popolazione proprio per Jamaa el Fna. La fama della piazza infatti deriva dalla sua concentrazione di attività tradizionali di cantastorie, musicisti, ballerini, fachiri e incantatori di serpenti, ma era minacciata dalle pressioni dello sviluppo economico.
Lottando per proteggere queste tradizioni, i residenti chiesero un’azione a livello internazionale per riconoscere la necessità di proteggere questo genere di luoghi -denominati “cultural spaces”- e altre, simili espressioni di cultura popolari e tradizionali.
“Lo spettacolo di Jamaa el Fna viene ripetuto quotidianamente e ogni giorno è differente. Tutto cambia -le voci, i suoni, i gesti, il pubblico che vede, ascolta, odora, assaggia, tocca. La tradizione orale è incorniciata da una molto più vasta- che noi possiamo chiamare intangibile. La piazza, come spazio fisico, protegge una ricca tradizione orale e intangibile” Goytsolo, 15 maggio 2001
Nel testo di presentazione dell’UNESCO si parla di cantastorie, musicisti e artisti di strada, ma la prima volta che andai in quella piazza fu nel 1985 e l’immagine che mi è rimasta impressa da allora è quella di un uomo seduto a terra, con un tappetino delle dimensioni di uno scendiletto, sul quale teneva allineato e ordinato un set di pinze e seghetti su un lato e una serie di dentiere sull’altro, e su quel metro quadro di terra battuta faceva il dentista.
Allora la piazza me la ricordo tutta in terra battuta, nella città si camminava circondati da una nuvola di uomini, donne e bambini che cercavano di venderti e chiederti qualunque cosa e Marrakech era una città africana, senza mezzi termini, almeno per me che a 18 anni ci arrivavo da Roma centro.
Nella Medina entravi con fatica. Se non ci entravi proprio, era meglio
Nel 1985 Djemaa-El-Fna era così:
In seguito sarebbe stata istituita la Polizia turistica, che ha reso il posto più tranquillo per i forestieri e un po’ più complicato per i residenti.
Nel frattempo La Piazza è stata pavimentata e sono state regolamentate, almeno in parte, lo sviluppo, il posizionamento e la rotazione delle attività commerciali nell’arco delle 24 ore della giornata.
Nonostante ciò, La Place resta un luogo incantato. Nonostante la pavimentazione e la regolamentazione; nonostante il Club Med, aperto irrispettosamente proprio li sulla piazza.
Quando sono tornato, molti anni dopo, sono rimasto delle ore ad osservare La Place, nel suo movimento continuo, dalla terrazza del Café Argana.
Ad osservarla, ascoltarla, respirarla dall’alto, verso il tramonto, mentre le attività della notte subentrano a quelle del pomeriggio, che a loro volta avevano preso il posto di quelle della mattina; mentre i rumori della piazza si sovrappongono a quelli dei muezzin, tutti i giorni, con o senza i turisti.
Poi, dopo il tramonto sono sceso a cena nella piazza. I cantastorie erano ancora lì in mezzo alla calca, nella penombra e ho pensato che non c’è nulla di meno, da poter vendere, di una storia raccontata.
Nel 2011, il 28 Aprile, un attentato terrorista ha fatto saltare il Café Argana. La ricchezza ed intensità di un luogo è sempre lo specchio di una storia altrettanto complessa e antica.
La Place, più di qualunque altro luogo che abbia visitato fin’ora, pone una questione difficile da risolvere per chi si occupa di progettazione di spazi pubblici, perché parlare di “Masterpieces of the Oral and Intagible Heritage of Humanity” all’interno di un ambiente urbano consolidato, significa sostanzialmente scollegare il valore di un luogo dal suo contesto fisico, dal proprio involucro architettonico e affidarlo interamente alla vita che viene svolta al suo interno; e la vita, anzi, le vite che hanno creato questo “Masterpiece“, di fatto si sono appropriate di questo luogo in maniera totalmente spontanea, nel corso dei secoli.
Di più: a differenza di molti altri spazi urbani con caratteristiche simili, qui non si è neppure sentita la necessità di costruire un involucro architettonico successivo, per vestire questo capolavoro che, di fatto, è un vuoto che vive di vita propria.
In altri termini, osservare questa piazza significa trovarsi di fronte ad un paradosso, per un progettista, che lo pone di fronte a due domande essenziali: quale tipo di architettura progettata possa permettere e favorire questa qualità e ricchezza di risultato e quale tipo di normativa possa garantire questo grado di appropriazione di un luogo.
And The Truth Explodes
Traccia #2: “La Bien Dessinée”
Essaouira è una cittadina sull’Oceano e il suo nome vuol dire, letteralmente, ”La ben disegnata”: nel 1765 il sultano Ben Abdallah incaricó l’architetto francese T. Cornut, suo prigioniero, di riorganizzare l’urbanistica dell’insediamento esistente Mogador, sul modello delle città europee dell’epoca.
Per questo motivo, la sua Medina ha viali, portici e piazze simmetriche, che la differenziano completamente dall’anarchia che ha disegnato nei secoli le altre Medine.
Il nome Essaouira deriva dalla soddisfazione del Sultano per il risultato dell’opera completata.
Qui l’anarchia si è sovrapposta successivamente, su una matrice urbana solida. I suoi palazzi sono tutti bianchi, mentre le mura che la circondano sono color terra, ma in certi giorni la sabbia che arriva dal deserto tinge tutto di un fondo ocra: le case, le mura, il mare e l’aria.
Di fronte ad Essaouira le Islas Purpureas rifornivano l’antica Roma del colore porpora per le tuniche di moda.
Orson Welles la scelse per il set del suo Othello nel 1952. Fino ad allora era praticamente sconosciuta.
Nel 1947, Paul Bowles, autore de “Il Te nel Deserto”, si era trasferito definitivamente sulla costa occidentale del Marocco, ma più a nord, verso Tangeri. Dopo di lui sarebbero arrivati Truman Capote, Tennessee Williams, Gore Vidal e tanti protagonisti della Beat Generation come Allen Ginsberg, William Burroughs e Jack Kerouac.
Gli Stones arrivarono successivamente in Marocco, nel ’67, in un viaggio delirante sulla Bentley blu di Keith Richards, interessati a provare le spezie di Tangeri, in particolare, e le ritmiche di Jajouka. Qui nel 1968, Paul Bowles, portò Brian Jones per registrare il suo album Pipes of Pan. Sonorità ipnotiche antiche di 4000 anni.
In quegli anni il Marocco fu per Jagger, Richards e Jones quello che l’India rappresentò per Lennon, McCartney e Harrison.
Alla fine degli anni 60 però, sarebbe stata Essaouira a diventare uno dei santuari della psichedelia.
Jimi Hendrix approdò qui nel luglio del 1969: Un mese prima della sua esibizione a Woodstock.
Ci sarebbero arrivati poi Jefferson Airplane, Leonard Cohen, Frank Zappa, Cat Stevens e tanti altri protagonisti di quell’epoca.
Essaouira e’ attualmente uno degli 8 siti in Marocco dichiarati Patrimonio dell’ Unesco.
Sulla spiaggia a sud di Essaouira c’è un castello, o piuttosto, i resti di un castello.
Mareggiata dopo mareggiata si sta sciogliendo: lentamente, poco per volta. Raccontano che ispirò ad Hendrix la sua Castle Made of Sand.
Castle Made of Sand però è del ’67: Nella cittadina sull’Oceano ci sono tante leggende e storie inventate sul periodo che Hendrix passò ad Essaouira.
Oggi, ogni estate La Ben Disegnata raccoglie i migliori gruppi di musica Gnaoua dalle regioni del Sahara, in un festival che si tiene a fine Giugno, proseguendo la tradizione di questo straordinario, intenso rapporto tra architettura e musica.
Musica e danza Gnaoua vengono impiegate per evocare forze spirituali capaci di estirpare il male, curare malattie della psiche o guarire punture di scorpioni.
E gli Alisei qui fondono insieme le preghiere dei Muezìn, le mareggiate e le ritmiche Gnaoua.
Wah Wah – Jimmy Page & Robert Plant
Traccia #3: Atlas
L’Atlante è un passaggio obbligato per raggiungere l’Oceano da Ait-Ben-Haddou. Un percorso lungo e splendido.
Are You Experienced – Jimi Hendrix
Non c’è un motivo particolare per cui associo questo brano alle immagini che scorronono percorrendo l’Atlante.
È una forma di intensità emotiva condivisa tra paesaggi e musica. Credo stiano bene insieme. Nient’altro.
Traccia #4: Le Cycle Naturel
C’è una bellezza profonda nella tecnica costruttiva in terra cruda, così diffusa in queste zone. Non parlo necessariamente delle kasbah o di altre espressioni di architettura nobile, quanto soprattutto di edilizia talmente povera da non pretendere alcun valore estetico. La sua bellezza risiede nel semplice rapporto che questa tecnica instaura con il luogo di appartenenza.
Lungo il viaggio, si osservano migliaia di abitazioni che mostrano un ciclo naturale associato ad una tecnica costruttiva essenziale.
Architetture spontanee di facile realizzazione che crescono con le necessità di chi le abita, modificandosi ed adattandosi, per poi venire abbandonate, infine, quando non servono più. A quel punto il materiale di cui sono composte torna a far parte gradualmente ma spontaneamente del territorio sul quale sorgono. In maniera naturale.
Oggi però si può arrivare direttamente nella intensa Fès o nella caotica Marrakech con un volo low cost, evitando “il viaggio”. Passare un week end esotico ma comodo, ammirando gli artigiani delle pelli o dell’argento; farsi un aperitivo serale nel cuore della Medina, ascoltando i Muezzìn dalla terrazza di un club raffinato, spolverato di rarefatte atmosfere magrebine, o almeno, di quei selezionati ingredienti del Maghreb che un turista medio è in grado di sostenere nell’arco di un week end esotico a basso costo. Magari fare un salto nell’ hammam, alla fine della giornata, ma nell’albergo.
I cantastorie sono ancora lì nella Place, a vendere i loro racconti, destinati probabilmente a diventare, con il tempo, parte del pacchetto week end, come fu per i punk di Piccadilly Circus finiti sulle cartoline.
E probabilmente anche tutto questo fa semplicemente parte di un ciclo naturale.
Traccia #5: Fès-El-Bali
L’impatto della Medina di Fès, Fès-El-Bali è il più duro, senza compromessi. Forse nessuna altra città del paese si presenta con una immagine così austera e potente.
Uno per volta, i suoi minareti attaccano la loro preghiera e creano una sinfonia che riverbera in questa vallata come non è possibile ascoltarla in nessuna altra città.
Incute rispetto e fa percepire fisicamente storia e cultura di questa città.
La terrazza del Palais Jamai è uno dei luoghi dai quali si può osservare meglio tutta la Medina.
Fès conta più di 1 milione di abitanti, di cui 156.000 residenti nella Medina: 156.000 persone che possono muoversi solo a piedi o sul mulo, lungo più di 9000 strade e percorsi inaccessibili ad altri mezzi e privi di segnaletica.
La principale regola per ritrovare la direzione se ci si perde è quella di lasciarsi andare al flusso delle persone in movimento, che prima o poi ti riporterà ad una delle arterie principali.
Qui è nata quella che molti considerano la prima Università al mondo. Fès di fatto rappresenta l’identità culturale e politica del Marocco.
Fès-El-Bali è un’altro dei siti protetti dall’UNESCO.
Al suo interno, le facciate dei palazzi sono sostanzialmente tutte uguali. Tutto viene espresso negli interni: In questo modo si evitano invidie per i successi economici di una famiglia o mortificazioni per le cadute in disgrazia di un’altra. Questo mi hanno spiegato.
Ora le centinaia di cerchi delle parabole sui tetti fanno il verso ai cerchi delle cisterne medievali nelle concerie della Chouara.
La Casa del Ragno di Paul Bowles racconta e descrive questa città, questo mondo, le sue trasformazioni e la difficoltà nel comprenderlo.
Back to the roots
A qualche ora di viaggio da Ouarzazate a sud del Marocco, verso le 3 del pomeriggio, metà di Agosto, in mezzo al nulla, verso il nulla, un uomo in bicicletta: pensavo bastasse per farne una foto, al volo, dalla macchina in movimento.
Solo successivamente, tornato a Roma, nel riordinare le immagini ho visto la scritta sul muretto.
Ho provato ad immaginare cosa possa significare partire da Roma per atterrare a Casablanca, affittare una macchina, percorrere ore di viaggio; attraversare l’Atlante, il deserto, le città imperiali, le loro medine; ascoltare i muezzin 5 volte al giorno, per giorni; attraversare tutto questo per fermarsi in mezzo al nulla a scrivere “Forza Roma”.
Fabio Barilari
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Fabio Barilari
Architetto, dal 1989 ha collaborato con numerosi studi di architettura ed ingegneria tra i quali lo studio Fuksas (Nuovo Centro Congressi di Roma), specializzandosi nella progettazione di organismi architettonici ed urbani complessi. Nel 1996 ha fondato lo studio "Barilari Architetti" che negli anni ha ricevuto numerosi riconoscimenti e pubblicazioni nazionali ed internazionali. Ha ottenuto il 1° premio Inarch nel 2000 e nel 2010. Ha partecipato alla Biennale di Venezia nel 2000 e alla Biennale dei Giovani Artisti Europei del Mediterraneo (Roma, 1999). Nel 2012 ha rappresentato l'Ordine degli Architetti di Roma alla 13° Triennale di Architettura a Sofia. Nello stesso anno il progetto Picture House è stato selezionato per la Medaglia d'Oro all'Architettura Italiana - Triennale di Milano. Dal 2008 ha sviluppato la sua attività professionale estendendo la sua ricerca, oltre all'architettura, agli ambiti dell'illustrazione, pittura e grafica. La ricerca sviluppata in questi settori è stata presentata nell'Agosto 2011 su Abitare. Ha tenuto mostre personali in Italia, Germania, Spagna, Francia e Cina. Nel 2013 ha presentato il progetto "Il Senso delle Cose" in una mostra personale al Chiostro del Bramante di Roma. Dal 2013 collabora con il Goethe-Institut. Nel gennaio 2015 ha presentato le sue opere alla Galleria INTERNO14 di Roma